Le fratture della clavicola sono estremamente comuni nei bambini e negli adolescenti a causa della caduta sulla spalla (per esempio durante l’equitazione o il ciclismo) o con il braccio in estensione. Rappresentano il 15% di tutte le fratture ed il 44% delle fratture dell’arto superiore.1
L’infortunio può anche avvenire a causa di un trauma o colpo diretto sulla clavicola da parte di un avversario, per esempio in sport come il calcio. Sulle fratture laterali, il trauma è solitamente diretto verso l’esterno della spalla, come succede anche negli infortuni a danno dell’articolazione acromion-claveare (AC joint) e clinicamente può sembrare al primo approccio come una diastasi della articolazione AC. Le lesioni di questo sito sono divise in mediali e laterali rispetto al legamento coraco-clavicolare. Un ulteriore classificazione è basata sulla suddivisione della clavicola anatomicamente in tre parti: mediale, centrale e distale.
Il gonfiore e il mal allineamento sono facili da localizzare.2 Se il paziente ha una frattura del moncone laterale, il gonfiore, il dolore e il probabile mal allineamento sono localizzati intorno all’articolazione acromion-claveare.
La diagnosi è fatta sulla base di due RX che includono sia l’articolazione acromion-claveare che l’articolazione sterno-clavicolare.
La clavicola solitamente si frattura nel terzo medio con il moncone esterno che si dispone inferiormente e il mediale superiormente. Questo tipo di lesione è spesso estremamente dolorosa. All’esame obiettivo, si manifesta con dolorabilità, gonfiore e deformità ossea palpabile. Con l’accorciamento della clavicola o con un aumento del grado di angolazione dei monconi, la scapola assumerà una posizione di tilt anteriore. Le fratture composte o con un minimo spostamento (meno di 1 cm) sono facili da trattare, e guariscono solitamente in poche settimane.
Il principio primario del trattamento è sempre quello di dare sollievo dal dolore. Questo tipo di fratture sono spesso gestite in maniera conservativa, si riparano in 4-6 settimane e solitamente guariscono bene. A volte però, la sovrapposizione dei due monconi, porta ad un accorciamento della lunghezza dell’osso sul piano frontale, provocando un deficit funzionale significativo.
Il tutore con bendaggio a otto dovrebbe aiutare a prevenire teoricamente questa riduzione in lunghezza, ma alcuni autori sostengono che vada preferito il tutore reggibraccio poiché il rischio di compressione del fascio vasculo-nervoso è diminuito.1
Durante questo periodo di tempo il paziente può comunque effettuare dei movimenti assistiti di flessione fino a 90° per prevenire rigidità dell’articolazione gleno-omerale e gli esercizi, compresa l’attività di vita quotidiana, possono iniziare qualora si riesca a tollerare il movimento.
Il fissaggio chirurgico è indicato solo se c’è la presenza di frattura esposta o di un accorciamento maggiore di 1-2 cm. La non-unione dei monconi può svilupparsi anche a causa della formazione di pseudoartrosi fibrosa. In questo caso, infatti, si preferisce la chirurgia attraverso una riduzione open con fissazione interna con placca e bone chips per assicurare il mantenimento della lunghezza della clavicola.
Il chirurgo ortopedico deve considerare le varie possibilità in presenza di:
Le recenti evidenze hanno dimostrato che le fratture mediali con un significativo spostamento dei monconi rispondono bene al trattamento chirurgico specialmente negli individui attivi o quelli coinvolti nell’attività overhead. In più, l’operazione chirurgica deve essere sempre consigliata agli atleti d’élite.
Nelle fratture ad alta energia e comminute, il paziente potrebbe avere un danno vascolare a livello sub-clavicolare. Un chirurgo vascolare è indicato a trattare questo tipo di lesioni riparando il danno contemporaneamente al riposizionamento dei due monconi grazie all’applicazione di mezzo di sintesi. Problemi di guarigione e di pseudo artrosi di clavicola sono rari e avvengono in meno dell’1% dei casi. L’accorciamento minimo e la deformità (protuberanza sopra la zona lesionata) che crea soltanto un danno estetico non deve essere trattata chirurgicamente. Inoltre nei bambini la reazione di formazione di callo osseo potrebbe essere grande, che però tenderà a diminuire nel tempo. Se il callo osseo però è maggiormente sviluppato sotto la clavicola, interferirà con le strutture neuro-vascolari e quindi deve essere rimosso.
Le fratture della parte distale della clavicola comprendono il 12-15% di tutte le fratture clavicolari. Molte di queste coinvolgono le strutture dell’articolazione acromion-clavicolare e i legamenti coraco-clavicolari. In questa sede si è più soggetti a un ritardo di consolidazione o una non-unione. In questo video è spiegato.
Generalmente, le fratture mediali al legamento hanno uno spostamento maggiore, e questo è associato a ritardo di consolidazione o non-unione se trattati conservativamente. Possiamo classificare queste lesioni in tre tipi differenti: I, II e III.
Le fratture distali all’inserzione dei legamenti coraco-clavicolari, con un minimo spostamento dei monconi, possono essere trattate con un tutore per maggiore comfort e iniziare precocemente a recuperare il ROM inserendo anche esercizi di rinforzo isometrici. Se lo spostamento è presente, la riabilitazione deve procedere lentamente inserendo esercizi di mobilità attiva solo quando il dolore è passato e la riparazione è stata verificata radiograficamente.
Il trattamento delle fratture mediali ai legamenti coraco-clavicolari o addirittura tra gli stessi legamenti, è il più controverso. C’è un’alta percentuale di non-unione, e quindi il trattamento chirurgico è raccomandato.
Le fratture distali intra-articolari, se stabili dovrebbero essere trattate conservativamente poiché tenderanno a guarire. Anche le fratture che presentano un distacco significativo ma sono stabili potrebbero guarire in posizione anatomica. Questo è dovuto al fatto che nonostante la frattura è mediale ai legamenti coraco-clavicolari, l’involucro periostiale attaccato allo stesso complesso legamentoso ne permette la stabilizzazione. In più la conseguente formazione di nuovo tessuto osseo è stimolata dal periostio e dalla presenza di ematoma, risultando quindi in una completa unione e rimodellamento.
La prognosi è solitamente eccellente, e il ritorno al livello precedente di attività è comune. Nonostante questo, gli infortuni nella zona laterale della clavicola, possono avere delle sequele con dolore e ridotta funzionalità nel long-term. In questi casi, il paziente deve essere inviato da uno specialista per ulteriori valutazioni. Molti considerano la resezione della parte laterale finale della clavicola per evitare questi problemi e la funzione della spalla è generalmente buona anche dopo questo tipo di intervento.
La frattura della clavicola negli snowboarder rappresenta circa il 5% di tutte le lesioni da snowboard, ma sono in aumento con il crescente utilizzo degli snowparks: il 34% delle fratture della clavicola negli snowboarder è causato da un salto, con perdita di controllo e impatto con la superficie della neve. Il 94% di tutte le fratture della clavicola secondarie allo snowboard si sono verificate nei maschi e il 44% negli snowparks. La maggior parte delle fratture della clavicola (85%) sono avvenute negli snowboarder di livello intermedio o esperto. Sia che siano trattati in modo conservativo che chirurgico, l’arto superiore interessato viene solitamente immobilizzato in un tutore reggibraccio per 2-4 settimane, con esercizi in un range-of-motion tollerato. A 6 settimane, possono iniziare esercizi di rinforzo della spalla e degli arti superiori in genere. Nei pazienti con fratture non scomposte o minimamente disallineate, il ritorno allo sport è solitamente a 10 settimane. Il ritorno allo sport si verifica in media a 21 settimane per le fratture diafisarie della clavicola gestite in modo conservativo e 9 settimane per quelle trattate chirurgicamente. I pazienti con fratture della clavicola del terzo medio in genere ritornano allo sport dopo circa 15 settimane quando sono gestite in modo conservativo e 20 settimane se gestite chirurgicamente. Le linee guida per il ritorno allo sport manifestano la necessità di avere un movimento completo non limitato, in assenza di dolore e con forza massima, in particolare nella flessione e nell’abduzione.
References
Scritto da
Fisioterapista sportivo