A seguito di un trauma all’arto superiore si possono presentare diversi scenari, tra cui la necessità di sottoporsi a un intervento chirurgico ricostruttivo (vd. riabilitazione post-chirurgica) o intraprendere la strada del trattamento conservativo, quindi riabilitativo.
A causa della sua conformazione anatomica, la spalla risulta maggiormente esposta rispetto alle altre articolazioni; è proprio per questo motivo che le problematiche muscolo-scheletriche di questo complesso articolare rappresentano la terza causa di accesso al pronto soccorso.
E’ importante non sottovalutare il trauma (es. caduta in casa senza apparenti conseguenze), poiché il danno potrebbe manifestarsi a distanza di giorni con perdita di forza e dolori notturni.
Le fasi principali sono:
Il trauma innesca sempre un processo infiammatorio, riconoscibile grazie alla presenza di 5 elementi:
La fase proliferativa è caratterizzata dalla formazione del tessuto di granulazione costituito principalmente da fibroblasti e cellule endoteliali. Le caratteristica principali di questa fase sono quindi la formazione di neovasi e la proliferazione fibroblastica. I nuovi vasi sono molto permeabili; ciò consente il passaggio di fluidi plasmatici e proteine nello spazio extravasale e il tessuto appare spesso edematoso.
Contemporaneamente i granulociti neutrofili vengono sostituiti dai macrofagi che hanno un ruolo chiave nei processi riparativi, in quanto rimuovono i detriti extracellulari favorendo la deposizione di matrice extracellulare.
Nell’ultima fase il tessuto di granulazione viene rimodellato dalle metalloproteasi mediante modificazioni nella composizione della matrice extracellulare. Gli enzimi chiave di questa fase sono le collagenasi, essenziali sia nella rimozione dei detriti che per il rimodellamento connettivale (può durare da 6 a 24 mesi) necessario per la riparazione del tessuto. Durante la fase di rimodellamento il continuo depositarsi di fibre collagene conferisce alla cicatrice una notevole forza tensile.
L’obiettivo della riabilitazione di spalla post-traumatica é portare il paziente al massimo livello di attività. Per fare questo, è necessario eliminare il dolore e ristabilire il corretto range di movimento (ROM), la giusta tecnica e coordinazione; allo stesso tempo si cerca di mantenere forza e resistenza che tendono a venire meno a seguito dell’infortunio. La riabilitazione può essere divisa nelle seguenti tre fasi:
Queste fasi si possono sovrapporre tra di loro e la determinazione del passaggio alla fase successiva non si basa sul tempo trascorso ma sui progressi fatti dal paziente.
L’obiettivo principale della fase acuta è evitare che l’infortunio peggiori. Il paziente spesso deve ridurre o interrompere completamente l’attività fisica sia per quanto riguarda l’allenamento che per le competizioni. In base al tipo di infortunio subito si potrà determinare per quanto tempo l’atleta sarà costretto a non fare attività fisica.
Durante questa fase il paziente si sottoporrà agli esami clinici e/o diagnostici per documentare la causa e i fattori scatenanti che hanno portato il soggetto a essere più suscettibile all’infortunio. Nel caso in cui ci sia una forte limitazione del movimento dovuta all’infiammazione o al dolore, l’uso dei farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS) può essere d’aiuto.
Durante questa fase l’obiettivo principale è quello di preparare il paziente ad allenarsi normalmente e a pieno carico. Per fare questo è necessario assicurare:
Lo strumento principale per determinare che tipo di esercizio terapeutico utilizzare durante questa fase è il monitoraggio del dolore e del gonfiore. La regola è quella di effettuare i movimenti fino ad arrivare subito al di sotto della soglia minima di dolore, questo però non è sempre vero. Molti fattori indicano infatti la necessità di tollerare un dolore minimo qualora esso rimanga costante tra una sessione di terapia e l’altra. Un aumento graduale di dolore e/o gonfiore è un segno che il carico deve essere ridotto e si può prospettare al paziente l’idea di un diverso tipo di riabilitazione.
Il modo migliore per farlo è usare degli esercizi attivi di allungamento, ma se limitato all’inizio dal dolore il paziente può effettuare delle tecniche di mobilizzazione passiva o con l’assistenza del fisioterapista. Ristabilire il normale range di movimento (ROM) è il fattore chiave, prerequisito importante per ritornare alla normale tecnica. In aggiunta, un ridotto ROM potrebbe limitare l’abilità di allenare adeguatamente la forza.
Ogni allenamento è specifico e si migliora soltanto in quello che si allena.
Per mantenere la forza e la resistenza muscolare possono essere utilizzati diversi approcci, ad esempio la riabilitazione in acqua (idrokinesiterapia), al fine di evitare un carico eccessivo sull’area lesionata. L’atleta può comunque continuare ad allenare a secco gli altri gruppi muscolari.
Oltre ad un approccio alternativo, risulta indispensabile effettuare uno specifico percorso riabilitativo che coinvolga direttamente le strutture lesionate; il carico di lavoro (intensità, frequenza e durata) sarà influenzato dalla localizzazione, dall’entità del danno e dal tempo di insorgenza della condizione.
Qualora la lesione iniziale fosse dovuta ad un sovraccarico (overuse syndrome), risulterebbe necessario dare maggior enfasi agli esercizi di forza (concentrici, eccentrici o in isometria). Questo si esplica, in relazione a ogni sport, allenando i muscoli specifici con esercizi ad alte ripetizioni eseguiti più volte al giorno.
Il dosaggio dell’esercizio terapeutico verrà impostato dal fisioterapista che si assicurerà del ripristino di almeno l’85-90% della forza, prima di permettere all’atleta di partecipare di nuovo all’attività sportiva.
Il ripristino di una normale funzione neuromuscolare è fondamentale nella riabilitazione del paziente, in presenza di infortunio da overuse ma anche acuto.
Lo stato doloroso potrebbe portare ad una inibizione riflessa, che causerà dei cambiamenti nel reclutamento del pattern motorio dei muscoli dell’area coinvolta dall’infortunio. Di conseguenza, cambiando la tecnica esecutiva del movimento, il pattern motorio sarà sempre più sfavorevole.
Gli esercizi neuromuscolari specifici più importanti testano la coordinazione e la capacità di bilanciamento del paziente, ovvero la possibilità di trasferire il carico e di reagire velocemente al cambio di posizione. Il paziente potrebbe percepire infatti, soprattutto negli infortuni legamentosi, una sensazione di perdita della posizione articolare e della coordinazione ed essere quindi più suscettibile a nuovi infortuni.
Coloro che si sono ritrovati costretti all’immobilizzazione completa durante la convalescenza perderanno la loro resistenza aerobica che risulta fondamentale affinché l’atleta ritorni a un livello agonistico adeguato come prima dell’infortunio. È importante quindi selezionare diversi tipi di allenamento che non siano influenzati dalla sede dell’infortunio (es. una lussazione anteriore di spalla permetterà da subito l’utilizzo della cyclette, mentre si dovrà aspettare per la corsa).
La riabilitazione risulterà completata quando il paziente non avrà più dolore e la mobilità, la forza, le funzioni neuromuscolari e la resistenza aerobica saranno state ripristinate; questo è vero per il normale ritorno all’attività fisica e per i non atleti. Affinché l’atleta possa tornare di nuovo a performare è necessario un percorso di ri-atletizzazione.
L’obiettivo della fase di ri-atletizzazione è assicurare all’atleta il ripristino delle normali abilità di performance nel suo sport e la tolleranza al normale carico di allenamento. Questa fase è cruciale per gli atleti d’élite. E’ importante sia per l’atleta che per l’allenatore assicurare un graduale ritorno alla competizione attraverso una programma riabilitativo controllato tramite esercizi sport-specifici.
Il ruolo del medico e del fisioterapista sarà quello di somministrare test clinici per determinare la tolleranza al carico richiesto per l’attività. I test, infatti, creeranno una condizione quanto più possibile vicina all’ambiente di gara; solo dopo il superamento dei test, all’atleta sarà concesso tornare a partecipare alle gare.
A seconda della tipologia di infortunio, il progetto riabilitativo verrà adattato in base alle variabili indipendenti e quelle dipendenti.
Le variabili indipendenti, anche detti fattori non-modificabili, definiscono primariamente i tempi, il recupero e il tipo di percorso riabilitativo da effettuare. Essi sono:
Il fisioterapista dovrà tenere conto di questi aspetti prima di stabilire un progetto rieducativo. Una eventuale condizione anatomica di base, come la lassità congenita di spalla, sarà da tenere in considerazione per adattare il programma riabilitativo.
Le variabili dipendenti, dette anche fattori modificabili, che verranno valutate sono:
Una volta stabilita, in sede di valutazione, la condizione di partenza, verrà elaborato un programma riabilitativo e di allenamento che prevede due momenti: il primo consta di un lavoro insieme al fisioterapista, mentre il secondo rappresenta il proseguimento del programma a casa tramite esercizi video-guidati.
Scritto da
Fisioterapista sportivo